Tra fari e lanterne, le "sentinelle del mare" più importanti d’Italia

Pubblicato lun 3/09/2018
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Da nord a sud, da est a ovest: lungo la costa del Belpaese c'è l'imbarazzo della scelta. Hundredrooms ha proposto alcune tra le ‘lanterne’ più caratteristiche d’Italia. Da Trieste a Genova, da Livorno alla Sardegna

Ci ricordano le nostre radici, quelle di un'Italia popolo di navigatoriI fari sono stati per secoli sinonimo di luce per quanti hanno solcato i mari che abbracciano il nostro territorio. Ma queste costruzioni che si stagliano, quasi solitarie, lungo le coste della Penisola non sono solo semplici 'lanterne'. Sono un concentrato di ingegneria, architettura, storia e organizzazione. Ogni porto, ogni approdo, ha il suo; simile agli altri nel funzionamento ma a volte molto differente nella filosofia che lo anima. Ci sono quelli nati per scopi commerciali e quelli per esigenze militari. Alcuni indicano la via d’ingresso alle grandi città marittime, tanti altri sono i guardiani di brevi tratti di mare. Qualcuno funziona ancora come un tempo, la maggior parte si è dovuta modernizzare. Purtroppo ci sono anche quelli abbandonati. Per loro, però, un’altra vita è possibile; almeno così ha immaginato l’Agenzia del Demanio che, con l’iniziativa ‘Valore Paese Fari’, dal 2016 assegna tramite bando pubblico la gestione dei fari dismessi. In ogni caso sono un bene da tutelare. E da visitare. Così il sito Hundredrooms, comparatore online di alloggi, ha provato a disegnare una mappa dei fari italiani più significativi. Ecco quelli che, secondo noi, meritano più di altri di essere aggiunti a guide e itinerari turistici.
 
Faro della Vittoria, Trieste (Friuli Venezia Giulia). Costruito negli anni '20, il faro della Vittoria è davvero imponente: oltre 67 metri d'altezza che spiccano dal Poggio di Gretta (60 metri sul livello del mare). Il suo occhio tiene sotto controllo l'intero golfo di Trieste, guidando ancora oggi la navigazione notturna nella zona. Ma è soprattutto uno dei principali monumenti ai marinai caduti durante la Prima Guerra Mondiale presenti sull'intero territorio italiano. Le due sculture di Giovanni Mayer – il 'Marinaio Ignoto', in marmo, posta alla base del faro e la 'Vittoria Alata', in bronzo, sulla sommità della lanterna – impreziosiscono ancor di più quest'opera d'arte.

La 'Lanterna', Genova (Liguria). È il simbolo di una città. Se parliamo della 'Lanterna' quasi tutti, probabilmente, pensano alla torre medievale che illumina il porto Genova. Una storia, quella di questo gigantesco faro, legata a filo doppio a quella del capoluogo ligure, sin dai tempi della Repubblica Marinara. Efficace baluardo di difesa dagli attacchi e dagli arrivi indesiderati dal mare. E poi ci sono le sue caratteristiche che parlano per lui: uno dei più antichi fari d'Europa – la costruzione risale al '300 (ma alcune fonti lo collocano anche prima, attorno al XII secolo) – che, con i suoi settantasei metri (che diventano 117 comprendendo il basamento su cui poggia), è il più alto del Mediterraneo (il quinto al mondo).

 Faro di Capel Rosso, Isola del Giglio (Toscana). Una struttura moderna, decisamente recente (l'anno di costruzione è il 1883), realizzata per sostituire l'antico faro installato all'estremità meridionale dell'Isola del Giglio. Fin qui niente di particolare. Se non fosse che il regista Paolo Sorrentino, nel 2012, ha scelto il faro di Capel Rosso per girare alcune scene del film Premio Oscar 'La Grande Bellezza'. Da allora questo edifico dal particolare disegno a strisce bianche e rosse è diventato meta di 'pellegrinaggio'. Tanto da indurre un gruppo di imprenditori a trasformalo in un centro polifunzionale per visite, per studi sul mare ma anche per dormire a contatto con l'acqua.
 
Il "Fanale", Livorno (Toscana). Per il faro di Livorno si può fare un discorso simile a quanto detto per la Lanterna di Genova. Costruito anch'esso nel Medioevo (sempre attorno al 1300) per volere di un'altra Repubblica Marinara (quella di Pisa). Solo che, nel suo caso, non è più possibile vedere la colonna originale. Ci si deve accontentare di quella ricostruita – seguendo fedelmente il primo progetto – dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Ma il suo passato resta lo stesso, consegnato ai posteri da alcuni versi di Francesco Petrarca, che lo citò nell''Itinerario siriaco'. Tanti altri letterari, però, nel corso dei secoli vollero lodare il Fanale di Livorno come esempio di ingegneria e architettura all’avanguardia.

Faro di Punta Carena, Isola di Capri (Campania). L'Isola di Capri è conosciuta soprattutto per i Faraglioni, per la Grotta Azzurra, per la Piazzetta. Ma se chiedete a un profondo conoscitore dell'isola campana un luogo poco citato ma che merita di essere visto è facile vi consigli una visita al faro di Punta Carena. Non tanto per il suo valore storico: è sorto, come gran parte dei fari, sul finire dell'800. E neanche per essere un monumento unico, aldilà forse della particolare pianta ottagonale e del colore rosso pompeiano che spicca nella scarna vegetazione della penisola del Limmo (anche se, comunque, si tratta di uno dei più grandi fari del Mar Tirreno). Quanto per il suo fascino: qui il tramonto è praticamente infinito, con il sole che s’immerge piano piano nel mare fino a scomparire.

Faro dello scoglio 'Mangiabarche', Isola di Sant'Antioco (Sardegna). Ma la caratteristica principale di qualsiasi faro resta l'utilità. Un concetto che raggiunge la sua massima espressione nel caso di quello posizionato all'altezza della Punta della Tonnara, sull'Isola sarda di Sant'Antioco. È una delle poche 'luci' che non stanno sulla terraferma ma su uno scoglio staccato dalla costa. Un aspetto che lo rende tra i fari più curiosi. Nelle giornate di burrasca – molto frequenti in una zona ventosa come questa – sembra quasi in balia delle onde. Eppure lui è sempre lì: piccolo, solitario ma resistente a ogni condizione atmosferica; sempre pronto ad avvisare i naviganti. In un tratto di mare noto per le rocce affioranti. Il motivo per cui quello sperone di fronte alla Spiaggia Grande è diventato noto come lo scoglio 'Mangiabarche'.  
 
Faro di Punta Palascìa, Otranto (Puglia). Sembrerà difficile da credere ma il maggior afflusso di turisti il faro di Punta Palascìa lo registra la notte di San Silvestro. Il motivo? Ci troviamo a Capo d'Otranto, il punto più a Est della Penisola. Così la sua terrazza è il luogo d'Italia in cui, idealmente, salutare per primi il nuovo anno. D'estate, invece, il faro di Otranto è meta degli amanti delle escursioni, essendo posto alla fine di un sentiero circondato da natura e scogliere a picco sul mare. Ma è anche il punto d'accesso alla 'Grotta dei Cervi', insenatura naturale che custodisce testimonianze storiche del periodo neolitico. È uno dei due fari italiani – assieme a quello di Genova – tutelati dalla Commissione Europea.

Faro di San Cataldo, San Cataldo di Lecce (Puglia). Un piccolo faro, tipico dei paesi del meridione, che però 'nasconde' un tesoro. Perché sotto questa struttura ottocentesca di 23 metri c'è la storia del legame tra il Salento e l'Impero romano. L'insenatura su cui sorge la lanterna – ristrutturata da pochi anni – ospita i resti dell'antico molo edificato dall'imperatore Adriano attorno al II secolo d.c.. Tanto è vero che, originariamente, il suo nome era Porto Adriano. Uno dei principali punti d'approdo dell'allora colonia di 'Lupiae' (l'attuale Lecce), proprio per l'estrema vicinanza al capoluogo pugliese. Porticciolo, quello di San Cataldo, che fu molto frequentato anche durante il XVI secolo, usato per gli scambi commerciali tra la città di Lecce e la Repubblica di Venezia.
 
Faro di Capo Spartivento, Chia (Sardegna). Il Faro di Capo Spartivento, posto al vertice dell'omonimo promontorio della Sardegna meridionale, è l'esempio di come anche un luogo isolato e dalla funzione specifica come un faro possa avere più di una vita. Costruito a metà del XIX secolo dalla Marina Militare Italiana per scopi difensivi, ha mantenuto il suo valore strategico fino alla Seconda Guerra Mondiale. Poi, però, è stato gradualmente dismesso fino ad essere abbandonato. Nel 2006, però, è stato ristrutturato e trasformato in un hotel lusso di ultima generazione (alimentato dalle rinnovabili e dotato di tutti i comfort). Tra i pochi fari italiani (comunque il primo) attrezzati per l'accoglienza dei turisti.
 
Lanterna del Montorsoli, Messina (Sicilia). Esigenze soprattutto militari sono anche all'origine della decisione d'installare una grande torre di vedetta e segnalazione nella città di Messina. Solo che, per rintracciare le origini della Lanterna del Montorsoli (dal cognome dello scultore che la realizzò), bisogna tornare indietro nel tempo fino al 1547, quando i regnanti spagnoli vollero erigere una costruzione per controllare il traffico lungo le coste messinesi, in sostituzione dell'ormai obsoleta torre medievale. Fu mantenuta la posizione originaria, sulla penisola di San Ranieri (che prende il nome dall'eremita che anticamente indicava, usando dei fuochi, la via ai naviganti). Oggi, la vecchia torre, è una delle attrazioni più visitate dello Stretto di Messina.